Da sempre i luoghi e i modi dell’abitare parlano della vita dell’uomo, del suo rapporto con la natura, delle sue st rategie di sussistenza, dell’organizzazione sociale che ha saputo darsi. Abitare e vivere, per molti aspetti, coincidono. Non a caso in molte lingue sono concetti espressi con la stessa parola. In inglese, ad esempio “Dove abiti?” si traduce “Where do you live?” “Dove vivi?”. Riflettere sui diversi modi di concepire la città, costruire le case, abitare, significa, in fondo, ragionare sulle scelte di vita dei singoli individui e della comunità.
Se ci soffermiamo sulla Savona della seconda parte del XIX secolo, vediamo una città ordinata, prospettica, razionale, elegante, capace anche di divagazioni romantiche, specchio di un’emergente classe imprenditoriale, artefice della rivoluzione industriale, talmente fiduciosa in se stessa e nel futuro al punto di costruire una città nuova che le somiglia. È la città dei viali alberati e dei palazzi finemente ornati in cui compaiono spazi nuovi per nuovi bisogni. A cominciare dai marciapiedi per finire con i giardini pubblici, il Teatro dell’Opera, la Stazione Ferroviaria, il nuovo Civico Ospedale.
La città contemporanea italiana è un libro aperto sul travaglio che la nostra società ha attraversato dal secondo dopoguerra ad oggi. La facilità e la velocità con la quale, grazie a mezzi e a tecniche costruttive senza più limiti, è diventato possibile apportare al territorio trasformazioni prima impensabili, hanno condotto ad uno sviluppo urbano che - pur generato dalla necessità di soddisfare esigenze oggettive, come quella di una casa per tutti o di una rete capillare di trasporti, o di nuove aree produttive - in assenza dell’opportuna valutazione preventiva delle ricadute ambientali, si è dimostrato spesso disarmonico e ha messo in serio pericolo l’integrità dell’ecosistema.
In qualche modo l’uomo contemporaneo sta lentamente prendendo coscienza della potenza di trasformazione di cui è dotato e sta imparando ad usarla con maggiore equilibrio. È ormai in atto un’inversione di rotta culturale e sociale che vede nel recupero del patrimonio edilizio esistente, nella salvaguardia delle risorse naturali e nella attenzione alla “misura d’uomo” i cardini su cui impostare il futuro delle nostre città. Quanto è già stato costruito offre molteplici opportunità di riuso e di riqualificazione al punto da rendere ingiustificate nuove espansioni. La città ottocentesca, in particolare, offre all’uomo contemporaneo le occasioni di una rivitalizzazione in chiave attuale di strutture ricche di armonia, fascino e storia che l’apporto della tecnologia moderna può trasformare in luoghi ideali per la vita di oggi, come nel caso del San Paolo a Savona.