L’architetto Carlo Sada (Bellagio, 14 maggio 1809 – Milano, 31 agosto 1873), forte della sua formazione alla celebre Ecole des Ponts et Chaussées, nel 1842, all’età di 33 anni, partecipò, con altri ventuno concorrenti, al Bando di Concorso per la progettazione di un “Nuovo Pubblico Ospedale” a Savona. Il 22 dicembre 1843 fu proclamato vincitore dal Congresso dei Ponti e Strade di Torino. Continue critiche e ripensamenti costringeranno il Sada a consegnare il 29 gennaio 1846 un progetto ridimensionato e meno ambizioso. Ma sarà infine un dispaccio del Re del 3 agosto 1846 ad intimare l’inizio dei lavori secondo il progetto iniziale. L’edificio verrà realizzato tra il 1847 ed il 1856 sotto la direzione dell’Ingegnere Civico Giuseppe Cortese.
Sarà inaugurato il 14 ottobre 1857. Erano trascorsi 15 lunghi anni e i disegni del Sada avevano dato vita ad un capolavoro dell’architettura civile ottocentesca. Su quelle tavole dell’Ospedale di Savona indugia ancora, curioso e attento, l’angioletto sdraiato ai piedi della sua tomba.
Appena ultimato, l’edificio del San Paolo si impone in tutto il suo significato simbolico.
La città vecchia non ha più in se le risorse spaziali per far fronte alle esigenze del mondo che sta rapidamente cambiando sotto la spinta della rivoluzione industriale.
Savona percepisce l’ineluttabilità di questo futuro e gioca d’anticipo. Occorre aprirsi all’esterno, sia fisicamente che in senso più lato. Costruisce un edificio pubblico tra i più grandi e moderni del Regno Sardo, ardito e palesemente sovradimensionato per le esigenze dell’epoca, ma compie anche il primo atto di una riuscitissima espansione urbana, ancora oggi a misura d’uomo, perfetta per la vita cittadina.
Vengono delineati gli assi cardini dell’espansione urbana che collegano la città vecchia con i simboli “fuori porta” del progresso tecnologico e sociale: la ferrovia ed il nuovo ospedale.
Risulta evidente come la geometria dell’intero tessuto cittadino sia stata dettata dalle dimensioni e dall’orientamento del San Paolo.
Per far emergere la maggiore importanza dei percorsi matrice, questi vengono dotati di portici che concorreranno nell’ottenimento dell’effetto prospettico tipico delle nuove città dell’epoca. Sull’attuale Corso Italia, in luogo dei portici saranno invece realizzati geometrici filari di alberi.
Nel 1880, in soli 23 anni dall’inaugurazione del nuovo ospedale, la città ottocentesca ha già preso notevole consistenza anche se ancora l’asse di via Paleocapa non raggiunge la Torretta ed il mare.
Il Teatro Chiabrera, altro edificio simbolo di una società e di un’epoca, vide l’inizio della sua costruzione nel novembre del 1850, e fu terminato tre anni dopo su progetto neoclassico dell’architetto Carlo Falconieri di Messina. L’edificio della Stazione Ferroviaria, anche questo neoclassico, è realizzato nel 1881.
Con le sue geometriche prospettive, i suoi edifici pubblici neoclassici, i viali alberati, i portici, i giardini, la Savona ottocentesca si dimostra al passo coi tempi.
Anch’essa vivrà, proprio come le grandi capitali europee, la fase delle demolizioni “per necessità igieniche” che, a fronte di lauti espropri, consentivano l’apertura di nuove strade ampie e regolari che rafforzavano la percezione prospettica della città e ne consolidavano l’organizzazione moderna ancora oggi perfettamente efficiente. Tra il 1880 e il 1910 viene realizzata in questo modo la strada tra Piazza Giulio e la Darsena, come era avvenuto pochi anni prima per Via Paleocapa. Il processo creativo della “città ortogonale” avviato con la costruzione del San Paolo si è ormai compiuto.
Sebbene concepito come ospedale, la razionalità e la modularità del progetto Sada hanno consentito all’edificio di rendersi adattabile a più usi e di sorprendere per le sue potenzialità di modifica ed ampliamento con cui far fronte a nuove esigenze. La prima funzione ospitata dall’ospedale fu quella dell’asilo infantile attivo per circa 17 anni, dal 1854, prima ancora dell’inaugurazione, fino al 1871.
Contemporaneamente vi trovarono posto anche una scuola di disegno e, dal 1868 fino ai primi anni del ‘900, la Pinacoteca Civica. La qualità e la solidità della costruzione originaria si sarebbero rivelate una risorsa preziosa per ovviare alla progressiva mancanza di spazio legata all’evolversi dell’organizzazione ospedaliera. Le generose murature del piano terreno e la tecnologia delle fondazioni permisero infatti la sopraelevazione dell’intero edificio avvenuta in fasi successive.
Un primo intervento, parziale, riguardante il solo corpo trasversale centrale che si affaccia su Via Giacchero, fu eseguito tra il 1905 e il 1908. La sopraelevazione di un piano dell’intero corpo di fabbrica fu realizzata tra il 1928 ed il 1931 sul progetto moderno e ardito dell’Ing. Damonte che pur affidandosi alle nuove potenzialità del calcestruzzo armato consolida l’impostazione neoclassica e la monumentalità iniziali, consegnandoci l’edificio sobrio ed armonico di oggi.
I primi di gennaio del 1991, l’attività ospedaliera viene definitivamente trasferita nella nuova sede di Valloria. L’edificio che per oltre 134 anni aveva svolto egregiamente il proprio compito non riesce più a rispondere adeguatamente alle esigenze dell’organizzazione ospedaliera in continuo divenire.
A luglio del 2003, vengono presentati i disegni dell’architetto catalano Ricardo Bofill, che con forza espressiva riuscirà a comunicare la sua visione emozionante per il futuro del San Paolo.
Inizia per il “Vecchio Ospedale” un lungo periodo di inutilizzo al termine del quale la proprietà (Comune e Azienda Sanitaria) lo porrà i vendita, con l’obbligo, per l’acquirente, di recuperare completamente l’edificio e di restituire agli enti originariamente proprietari, a lavori ultimati, una porzione dello stesso. Il 4 luglio 2003 (a 161 anni di distanza dalla prima gara per la costruzione a cui partecipò il Sada) è indetta la gara per la scelta dell’acquirente che, oltre all’offerta più vantaggiosa dovrà presentare un progetto con un’ipotesi di recupero e futuro utilizzo. A corredo dell’offerta che verrà poi giudicata migliore vengono presentati i disegni dell’architetto catalano di Barcellona, Ricardo Bofill, che con forza espressiva riuscirà a comunicare la sua visione emozionante per il futuro del San Paolo, fatta di aperture, luce, trasparenze e nuova vita dettando le linee guida degli sviluppi progettuali che seguiranno.